testimonianze

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ADA SCALCHI
“I nomi cuciono l'ordito dei ricordi di guerra”
Era il 1942, quando mio padre, Vincenzo Scalchi, venne
richiamato in guerra, e partì così per la Francia. Lasciò
ad Albano la giovanissima moglie, Lucia Pierleoni
e due bambine, Fernanda e Carla, che avevano appena,
l’una due anni e tre mesi, l’altra quattro anni e mezzo.
Purtroppo non le avrebbe mai più riviste, poiché le due
bambine morirono sotto il bombardamento del 10 febbraio
1944, e la moglie Lucia, gravemente ferita, morì
poco dopo.
Mio padre in seguito si risposò ed io sono figlia del secondo
matrimonio, ma mio nonno Alberto, padre di
mio padre, fin da bambina, mi parlava sempre di quel
terribile lutto che aveva sconvolto la vita di mio padre
al ritorno dalla guerra. Ricordo benissimo che nella
stanza da letto del nonno, sopra il comò, c’erano le fotografie
delle bimbe morte e della madre Lucia, illuminate
notte e giorno dai lumini.
Quell’immagine è stampata ancora nel mio cervello:
una parte della famiglia che non avevo mai conosciuta
e che la guerra ci aveva portato via. Ricordo poi i racconti
di nonno: “Vedi - mi diceva indicando le fotoquella
è Carla e quella Fernanda, e quella è la loro mamma
Lucia, e questa è nonna Ada, della quale tu porti il
nome”. Quante volte me le ha indicate, quante volte
sono stata ad ascoltarlo. Ma la grande lezione di vita di
mio nonno mi è stata trasmessa attraverso i suoi lunghi
discorsi sulla guerra, inculcandomi, fin da bambina,
l’amore per la pace, la fratellanza, la giustizia, e soprattutto
spiegandomi le follie della guerra e dell’odio, della
discriminazione, sociale o razziale, di ogni prevaricazione
operata dal potere.
Sono cresciuta con questi insegnamenti e me li ritrovo
dentro tutt’ora, in un tempo purtroppo drammatico,
dove guerre ed ingiustizie, prevaricazioni e sfruttamenti,
odi razziali e abusi d’ogni genere verso i popoli più
poveri del pianeta, si perpetuano drammaticamente.
Mio padre, tornato ad Albano nel 1944, a soli 28 anni,
dopo la perdita della moglie e delle due figlie ed il
secondo matrimonio, dal quale ebbe quattro figli, non
ci parlava mai di quei fatti tragici, ma non per rimuovere
il dolore..., se lo teneva dentro silenziosamente, ed
era così vivo in lui, da perpetuare quelle presenze rimaste
sotto le bombe, nei nomi che aveva dato a me ed a
mia sorella: io Ada, come la nonna, sua madre, mia sorella
Fernanda, come la prima figlia, mentre il nome di
Carla, venne dato a mia cugina, figlia di un fratello di
papà.
Questi nomi sono dentro di noi, nella nostra memoria,
come i racconti e le fotografie che teneva mio nonno
sul comò. I nomi “cuciono l’ordito” dei ricordi di guerra,
come il nome di mia madre, Slesia, datole per ricordare
la regione tedesca dove suo padre era stato prigioniero.
Ancora una volta un nome, per rammentare le
follie di una guerra!
Ada Scalchi