testimonianze

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ENZO MONDERNA di Albano
“Non li toccate, sono avvelenati - ma noi avevamo una fame terribile”
Era l’8 settembre, l’Armistizio… ricordo che nella Piazza
della fontana19 c’era un gran cumulo di moschetti e mio
padre mi disse: “Sta succedendo qualcosa…!”
Noi eravamo nella vigna quel giorno e non capivamo…
si sentivano degli spari, vicinissimi…
“Ma che cos’è” chiedeva mio padre e gli dissero che era il
terribile fascista Bellagamba che sparava, alla testa del suo
plotone20… c’era un senso di sbandamento e di follia.
Noi eravamo ragazzi ed il fascismo ci
aveva molto turbato. Si sentiva continuamente
dire: “A quello hanno dato
ancora la purga… quello è stato picchiato...
quello torturato...”. Il fascismo rimaneva
impresso, bisognava stare molto
attenti, perché quelli non scherzavano,
anche i tedeschi certo, gridavano
sempre, per dire “via di qua,
via”, con tono minaccioso, ma noi
non capivamo una parola, ma come si scappava… e che
paura!
Comunque ci si aiutava tutti, quello che c’era da mangiare
si condivideva: una volta un pentolone di fagioli, una
volta solo cicoria, il pane preso con la tessera ed i bollini
e quando finivano i bollini, addio anche al pane. Però noi
non ci siamo mai mossi da lì, e per fortuna in famiglia
non abbiamo avuto parenti morti.
Avevo 11 anni quando con la mia famiglia andammo sfollati
a Propaganda Fide. Mio padre lavorava per il Vaticano
e fummo tra i primi ad arrivare. Cercavamo una stanza
poiché eravamo in tre e mia cognata era molto malata.
Già nella Villa Vaticana c’era tantissima gente, cercarono
a lungo e poi trovarono un posto riparato per noi.
Ma poi mio padre non si sentiva sicuro e decise di andare
nel grottone sotto Propaganda Fide, anche lì affollato
di gente.
Avevamo il carretto, perché mio padre era contadino e
portava da mangiare agli animali.
Quando c’è stato il bombardamento, sotto il cimitero, tra
le piante di fichi e albicocche trovammo tantissimi animali
morti, alcuni sotterrati. Erano
soprattutto somari e cavalli. A noi, affamati,
sembrava un miracolo. “Non li toccate - ci
dicevano - sono avvelenati”. Ma noi
avevamo una fame terribile e con i coltelli
li tagliammo a pezzi e chi fece il
brodo, chi arrostì la carne sulla brace.
A causa del bombardamento anche
il lago di Castello era pieno di
pesci morti, ma continuavano a ripeterci:
“Non li toccate, sono avvelenati”. Ma la fame
è fame!
Dentro la Villa c’erano tantissimi ragazzini; noi potevamo
uscire liberamente, i tedeschi o i fascisti ci lasciavano
andare. E così andavamo in campagna a fare cicoria
o a cercare qualcosa da mangiare. Ma i giovani o
gli uomini era pericoloso se uscivano, perché venivano
subito presi dai tedeschi, che li portavano a Campo di
Carne per occuparsi delle innumerevoli salme21. Era terribile
tutto ciò… terribile. Invece noi uscivamo dalla
Villa per andare anche dai tedeschi; a loro portavamo
le uova delle nostre galline e loro ci davano il pane, il
pane nero.
Quando bombardarono il Convento dei Giuseppini22,
noi eravamo per strada, davanti alla Caserma dei Carabinieri.
Lo spostamento d’aria causato dalle bombe fu
talmente forte che io mi ritrovai all’interno di un tinello...
non sapevo più dov’ero… ed anche quando bombardarono
Frascati, noi sentivamo quelle continue
esplosioni, sembravano vicinissime… avevamo una
grande paura.
Quando sono arrivati gli americani, ci hanno dato due
o forse tre casse, con ogni ben di Dio: carne, cioccolata,
sigarette, zucchero.