testimonianze

UMBERTO DI FAZIO
(Via Tasso - Casa Editrice Autocultura Roma 1944)
Nei pressi della villa comunale, un presidio
di nostri soldati dormiva ancora tranquillo, quando
i colpi di moschetto e di mitragliatrice l’avvertì del
pericolo tedesco. Quei bravi giovani in mutande accorsero
alle finestre e risposero a dovere. Parecchi nazisti
cominciarono a rotolare immersi nel sangue. La
lotta divenne ben presto accanita, quantunque l’esiguo
numero si sentisse sempre più stretto e circondato
nello stabile. Le mitragliatrici tedesche crepitavano
rabbiose intorno a quel pugno di eroi che malgrado
non avessero speranza di salvezza, seguitavano
a battersi fino ad esaurire le poche munizioni. Speravano
in un aiuto; il governo l’avrebbe mandato dalla
vicina capitale. Era questione di tener duro e poi i
nazisti l’avrebbero pagata cara.
Così si vociferava, senza sapere che nella vicina Capitale
non esisteva più nessun governo italiano. Intanto
finché rimaneva una cartuccia non si esitava.
Anche dagli abitanti si sperava in un aiuto, ma i nazisti
avevano bloccato le vie con le mitragliatrici, tutti
furono costretti a ritirarsi nelle case e le vie rimasero
deserte.
D’altronde come si potevano affrontare i tedeschi se
il regime fascista ci aveva tolto financo i temperini e
il governo Badoglio non aveva pensato a fornirci sia
pure di poche armi? L’impresa appariva impossibile
e fu giocoforza assistere inermi all’uccisione dei nostri
fratelli. Siccome però non si cedeva ancora, anche
il cannone tedesco dovette aprire il fuoco. I fascisti
che trovarono il modo di aumentare i loro misfatti
non si lasciarono sfuggire sì buona occasione.
La voce popolare accusa ancor oggi un ex segretario
politico e un suo degno compagno di avere aperto il
fuoco e ucciso a tradimento le nostre sentinelle. Intanto
i nostri ufficiali, quegli ufficiali formati alla
scuola del fascismo e che nell’esercito sapevano solo
ostentare i gradi e divorare gli stipendi, i gerarchi che
si erano appuntate le stellette, dormivano comodamente
nei soffici letti degli alberghi senza nemmeno
preoccuparsi di recarsi sul posto, impartire ordini, difendere
i loro uomini... Così fu possibile immobilizzare
gli ultimi nostri soldati che furono regolarmente
condotti prigionieri in Germania perché rei di aver
reagito.